UNA GENERAZIONE SENZA GIOVINEZZA: GIACOMO BARLETTA CALDARERA

Pubblicato il da Carmelo Garofalo

DI ANTONINO BLANDINI

 

BARLETTA-3.jpgI Salesiani e gli Ex allievi di San Giovanni Bosco operanti in Sicilia e specialmente quelli presenti con le loro opere educative e sociali a Catania, città storica salesiana e sede dell’Ispettoria regionale sicula “San Paolo” fin dalla fondazione, si sono fatti promotori di una lodevole iniziativa culturale ed ecclesiale: la presentazione di un libro di vita vissuta in un periodo molto drammatico per la storia del nostro popolo e assai significativo per gli insegnamenti sul piano morale, civile e sociale che riesce ad offrire a tutti i lettori, in modo speciale ai giovani. Si è trattato di un evento d’alto valore educativo e formativo che ha coniugato l’esperienza umana e professionale di un illustre ed esemplare ex allievo dell’ex convitto del Liceo Classico Don Bosco di via Cifali a Catania, fucina d’eccellenza di tante personalità eminenti in ogni campo dello scibile umano e del lavoro intellettuale: un messaggio di vita e di speranza alle nuove generazioni di giovani che non hanno conosciuto direttamente e personalmente gli orrori e gli stenti della guerra fratricida e attendono con malcelata speranza una testimonianza seria, autorevole, coerente ed affidabile da parte degli anziani d’età e di studi per proseguire nell’itinerario arduo e pieno d’incognite dell’umana avventura terrena.

L’auditorium dell’istituto S. Francesco di Sales di Catania-Cibali è risultato gremito di tanti estimatori dell’avv. Giacomo Barletta Caldarera, ex allievo salesiano, autore del volume autobiografico “Una generazione senza giovinezza: per lanciare un ponte tra passato, presente e futuro; presentazione di Enzo Trantino” (Avola, Edizioni Gepas, 2012), presentato dall’ispettore dei Salesiani di Sicilia don Gianni Mazzali, dallo stesso avv. Trantino, illustre penalista ed ex parlamentare, e dalla prof.ssa Silvia Boemi, preside del Liceo Artistico di Catania, che si è assunta il compito di riordinare le memorie di un protagonista del Foro catanese ed internazionale, compilate sul filo della testimonianza umana e cristiana di tutta una vita spesa per la famiglia, la professione, la patria.

L’amico ed esimio collega d’avvocatura penale ha evidenziato, con la consumata oratoria e la nota arguzia ironica che lo contraddistingue, l’intenso messaggio antropologico che scaturisce dal libro da far leggere ai ragazzi di oggi, rievocativo di un mondo scomparso nell’oblio della storia, non retorica sentimentale ma struggente elegia del tempo andato, per far sapere loro che ragazzi lo sono stati anche quelli del nostro recente, drammatico e tragico passato ai quali, però, ingiustamente e crudelmente, è stata strappata un’epoca felice: la breve generazione della giovinezza educata ai valori civici e religiosi alimentati in famiglia, ma fatalmente rapita dalla guerra e dalle sue vergognose sciagure.

La dirigente scolastica Boemi ha ricordato i forti ed indissolubili legami personali e fraterni tra lei e Giacomo, e le loro famiglie, che affondano le origini nella santità sacramentale del battesimo. Suo padre, il compianto preside Giuseppe Boemi, chiarissimo professore di filosofia e integerrimo antifascista durante il regime, offrì la sua disinteressata e fraterna amicizia al prof. Giuseppe Barletta, papà di Giacomo, fascista idealista ed educatore di grande onestà e dirittura morale, allorché costui, subito dopo l’arrivo dei Alleati fu perseguitato e severamente punito con la dura prigionia. L’antica amicizia mai venuta meno, nonostante le posizioni ideologiche in pieno regime, fu suggellata dal fatto che Giuseppe Barletta e la moglie, Anna Caldarera, furono invitati ad essere padrino e madrina di battesimo di Silvia, che unitamente alle sorelline nate successivamente si è affezionata fraternamente ai membri della famiglia Barletta grazie al legame spirituale intervenuto tra i loro genitori.

L’avv. Barletta, molto commosso ha ricordato i suoi degnissimi e cari genitori e l’ingiusta ed inspiegabile deportazione del padre morto per i postumi dell’infermità contratta durante la durissima detenzione, la dolorosa odissea della sua famiglia, l’amicizia con i Boemi, le origini della parentela paterna e materna, l’infanzia vivace, gli studi universitari, la guerra negatrice della giovinezza e della vita, il futuro spezzato di tanti fratelli italiani caduti, l’attività politica nella D.C. al servizio di un ideale, la luminosa carriera, l’attività difensiva processuale, il servizio internazionale come cittadino del mondo, la straordinaria esperienza africana, l’amore per la moglie e i figli, la dedizione ai doveri professionali e morali della Toga e del Foro.

L’autore, alla fine, lancia un messaggio alle nuove generazioni di uomini e di donne del nostro tempo, messaggio degno di essere raccolto e meditato: “Non dimentichiamo che, se oggi, possiamo continuare a vivere in tutti i sensi, lo dobbiamo a uomini come De Gasperi e Scelba, a quanti ci hanno aiutato a riprendere le nostre vite. Non dimentichiamo il futuro spezzato dei nostri fratelli, caduti sui diversi fronti della guerra per compiere il loro dovere, e di quanti furono pronti a sacrificare consapevolmente la vita, in atti di eroismo che meritano elogio e ammirazione…Non dimentichiamoli quegli anni, quei giorni e quelle tragedie, così come ce li racconta nel suo splendido, pur se raccapricciante, romanzo il grande Giampaolo Pansa. Parlarne! Sì, per non dimenticare! In un luogo vicino o lontano, ancora oggi…nevica sangue nei lunghi inverni della paura”.

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